Il Carnevale di Fano: bello, antico e dolce d’Italia.
La manifestazione risale al 1347 ed ha una caratteristica che la rende unica:
il “getto” di quintali di dolciumi sul pubblico che assiste alle sfilate
il primo documento noto nel quale sono descritti i festeggiamenti tipici del Carnevale nella città, risale proprio al 1347.
Esso affonda le sue radici, almeno secondo la leggenda, nell’episodio della riconciliazione tra le due più importanti famiglie fanesi di allora: i Del Cassero e i Da’ Carignano.
Da allora il Carnevale di Fano è andato gradualmente caratterizzandosi in modo specifico, tanto che nel 1887 si decise di creare un comitato incaricato dell’organizzazione dell’evento che ancora oggi dopo secoli coinvolge e appassiona migliaia di cittadini e di turisti. Un elemento assolutamente originale del Carnevale fanese è il caratteristico “Pupo”, che apre le sfilate dei corsi musicali e da tradizione viene bruciato in piazza il martedì “grasso” per sancire la fine del carnevale attraverso il rogo purificatorio
Altro elemento distintivo del Carnevale d’Italia è rappresentato dal “getto”, il lancio di cioccolatini, caramelle e dolci che viene fatto principalmente dai carri allegorici ma anche dalle tribune che si trovano lungo il corso mascherato. Quello di oggi è un getto allegro e divertente, che appassiona il pubblico in una divertente gara a chi raccoglie più dolciumi.
Ma anche in questo gesto, il Carnevale fanese è stato capace di adattarsi ed evolversi con il passare dei secoli. Un tempo, infatti, il getto non era così generoso. A livello simbolico, nella mitologia, il confetto lanciato rappresentava il seme della fertilità.
Poi, con il passare di anni ed epoche, diventò l’espressione della superiorità sociale di alcuni ceti sulla plebe urbana e in particolare sui villici del contado, i quali bistrattati anche dai cittadini più poveri, facevano in gran parte le spese di questo divertimento. Basti ricordare il sadismo dei confetti di gesso: chi non aveva le stesse capacità economiche dei più ricchi comperava delle pasticche di gesso che lanciava, talvolta con troppa veemenza, contro i carri.
Anche per questo motivo durante le sfilate si vedevano persone che indossavano dei veri e propri elmetti e occhiali ”anti-getto” per proteggersi il capo e il volto. Ai giorni nostri il lancio dei dolciumi ha perso questo carattere: nessuna distinzione sociale è più possibile fra chi raccoglie e chi getta, anzi probabilmente si potrebbe concludere che le parti si sono invertite. E’ comunque ancora oggi un atto capace di far partecipare il pubblico ad un qualcosa di corale, è un fremito che dura poco ma la cui funzione è essenziale per mantenere viva la manifestazione.
La tradizione delle sfilate.KLL.
Il Carnevale di Fano si caratterizza per la sfilata dei carri: imponenti, maestosi, coloratissimi carri dove troneggiano le sculture di cartapesta realizzate dai maestri carristi di Fano.
I carri e le mascherate effettuano tre giri lungo il corso mascherato allestito nel centralissimo viale Gramsci. Il primo giro è quello della presentazione, il secondo quello del getto ed il terzo, il conclusivo, quello della luminaria, con i carri che si illuminano a festa nel buio della notte.
Elemento distintivo che si accompagna alle sfilate è il “getto”, il lancio di cioccolatini, caramelle e dolci che viene fatto principalmente dai carri allegorici ma anche dalle tribune che si trovano lungo il corso mascherato. Un getto allegro e divertente, che appassiona il pubblico in una divertente gara a chi raccoglie più dolciumi.
Il rogo del Pupo.
Un elemento assolutamente originale del Carnevale fanese è il caratteristico “Pupo” che simboleggia l’animale sacro sul quale la comunità scaricava le colpe commesse nei giorni di licenza erotica del Carnevale. Il “Pupo” apre le sfilate dei corsi musicali e da tradizione viene bruciato in piazza il martedì “grasso” per sancire la fine del carnevale attraverso il rogo purificatorio. Il Pupo viene chiamato dai fanesi “vulòn” in ricordo dell’arroganza con la quale i francesi si rivolgevano ai cittadini dicendo loro “nous voulons”.